Pubblicato il 18 Febbraio 2022
Verso un mercato inclusivo: le certificazioni Kosher, Halal e Vegan
Trasparenza e inclusività sono aspetti sempre più centrali agli occhi dei consumatori. Spesso leggere l’etichetta di un prodotto non basta a rassicurare sull’origine degli ingredienti in esso contenuti, che si tratti di un alimento, di un cosmetico oppure di un capo di vestiario. La richiesta di prodotti, provenienti da filiere sostenibili è un trend destinato a guidare la crescita del mercato negli anni a venire. D’altra parte, in una società sempre più multietnica, anche le aziende sono chiamate a gettare ponti tra le diverse culture.
In questo contesto si inseriscono le certificazioni Kosher, Halal e Vegan, non più esclusivamente ricercate per criteri religiosi o etici, ma marchi di garanzia presso una platea di consumatori più attenta e consapevole.
Prodotti Halal per il mondo islamico
Con una presenza globale di 1,8 miliardi di persone, ovvero il 23% della popolazione mondiale, i consumatori islamici sono un segmento in rapida crescita. Un dato che non sfugge alle aziende, impegnate a sviluppare nuovi prodotti e servizi in linea con le esigenze di consumo dei musulmani. Basti pensare che l’offerta di prodotti certificati Halal è aumentata del 19% dal 2018 al 2020. La certificazione Halal serve ad attestare che i prodotti agroalimentari, cosmetici, chimico-farmaceutici, ma anche i processi industriali, siano conformi alle norme etiche ed igienico-sanitarie della legge e della dottrina dell’Islam. È inoltre applicabile anche ai servizi, quali ad esempio quelli finanziari, assicurativi e turistici. Si tratta di una certificazione di qualità, di filiera e di prodotto, che comprende tutti i sistemi di controllo della qualità, l'approvvigionamento delle materie prime, i processi di trasformazione, la logistica interna, lo stoccaggio e il trasporto fino alla destinazione finale. I principali requisiti per ottenere la certificazione sono i seguenti:- assenza di sostanze non conformi (materie prime, ingredienti, additivi, ecc., inclusi quelli che non figurano sull’etichetta ma che entrano in contatto con il prodotto);
- non contaminazione tra ingredienti Halal e Haram (vietati) attraverso la separazione delle linee produttive;
- tracciabilità dei prodotti e delle materie prime;
- igiene e sicurezza;
- sistema di qualità aziendale conforme alla produzione Halal.
La crescita del mercato Kosher
I prodotti Kosher stanno registrando tassi di crescita sempre più alti in paesi come Stati Uniti, Israele, Polonia, Ungheria e Romania, ma anche in Italia. A richiederli non sono solo consumatori appartenenti alla comunità ebraica, ma anche musulmani, induisti, vegetariani e vegani attenti ai criteri di qualità e tracciabilità. Si ha la percezione che il cibo kosher sia più pulito o più sano oppure si vuole essere certi che un determinato prodotto non contenga potenziali allergeni, per esempio i crostacei. Uno studio di Quartz ha rivelato che, nonostante solo il 2% della popolazione americana sia di origini ebraiche, circa il 41% di tutto il cibo confezionato negli Stati Uniti è certificato Kosher. Si prevede inoltre che le vendite globali di alimenti Kosher aumenteranno fino a quasi 60 miliardi di dollari nel 2025, dai 24 miliardi di dollari del 2017. Non sorprende quindi che sempre più aziende siano orientate verso l’ottenimento della certificazione Kosher. Con Kosher intendiamo l’insieme di norme che regolano l’alimentazione degli ebrei osservanti secondo le leggi della Torah. L’omonima certificazione si ottiene a seguito di un iter di controllo da parte di un ente rabbinico specializzato, che verifica la conformità della produzione alle regole ebraiche. La supervisione riguarda in particolare due aspetti:- gli ingredienti, ovvero tutte le materie prime presenti in un prodotto, che devono essere Kosher;
- gli impianti di lavorazione, che non possono essere contaminati con alimenti non ammessi.