Da Parigi 2024 all’antica Olimpia, il legame secolare tra piante, fiori e Olimpiadi

Da Parigi 2024 all’antica Olimpia, il legame secolare tra piante, fiori e Olimpiadi

Questa estate Parigi fiorirà di un rosso mai visto. Per le Olimpiadi 2024 infatti è stato creato un fiore inedito, l’Olympic Games Dahlia, dai petali di un rosso vibrante, che ricorda la fiamma olimpica; questa varietà è stata ideata nei laboratori del Parc Floral de Paris per incarnare la passione olimpica ed il legame emotivo tra i Giochi olimpici e la Ville Lumière. Piante e fiori, infatti, da sempre incarnano valori simbolici; in questo articolo indagheremo il legame profondo tra il mondo vegetale e le Olimpiadi.

I fiori di Tokyo 2020 e Londra 2012 (ma non Rio 2016)

Una delle caratteristiche dei bouquet olimpici imposta dal Comitato Olimpico Internazionale (IOC) è che le piante selezionate crescano nel Paese ospitante. Durante le Olimpiadi di Tokyo 2020 (tenutesi però nel 2021 a causa della pandemia da Covid-19), i vincitori ricevettero bouquet di specie coltivate nei distretti nord-orientali del Giappone, devastati dallo tsunami del 2011, dunque con precisi significati simbolici: girasoli di Miyagi piantati dai genitori sulla collina dove i loro figli avevano cercato inutilmente rifugio dallo tsunami; lisianthus di Fukushima, per la speranza di ripresa dell’agricoltura dopo il disastro nucleare; genziane di Iwate, di colore blu come il logo di Tokyo 2020; foglie di aspidistra di Tokyo, in omaggio alla città ospitante.

Anche i bouquet offerti ai vincitori di Londra 2012 riflettevano i colori del logo olimpico: erano infatti composti da rose di quattro cultivar diverse, tutte coltivate nel Regno Unito. Un’eccezione a questa usanza fu invece l’edizione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, quando gli atleti vincitori ricevettero piccole sculture invece di fiori, per una scelta considerata più sostenibile.

Perché si omaggiano i vincitori delle gare olimpiche con mazzi di fiori?

L’omaggio floreale iniziò con le prime Olimpiadi moderne del 1896, riprendendo la tradizione di epoca vittoriana di celebrare i vincitori delle competizioni sportive con mazzi di fiori. Nell’Ottocento usare fiori con un significato simbolico in specifiche situazioni era parte di una comunicazione non verbale codificata, il cosiddetto “linguaggio dei fiori” o “florigrafia”.

Una tradizione che risale all’Antica Grecia

In realtà, già durante le Olimpiadi classiche i vincitori venivano omaggiati con piante dal significato simbolico. Nell’antichità, infatti, le piante erano legate a miti, divinità e valori morali; Olimpia, uno dei più grandi santuari della Grecia antica, era legata alla memoria di Eracle (Ercole), l’eroe par excellence, che aveva piantato accanto al tempio di suo padre Zeus un olivo, già menzionato nel suo Historia Plantarum da Teofrasto, il padre della botanica (IV sec. a.C.), come “l’olivo selvatico di Olimpia, da cui si ricavano le corone per i giochi“. Anche il geografo Pausania (II sec. d.C.) menziona il fatto che Eracle istituì la corona di foglie d’ulivo (kotinos) di questo albero sacro come premio per il vincitore della gara di corsa a piedi, in onore di Zeus, il re degli dei. Le Olimpiadi, dunque, erano innanzitutto un evento di carattere religioso e panellenico (che coinvolgeva, cioè, tutte le città-stato greche) e, per permettere ad atleti e pellegrini di viaggiare in sicurezza, veniva istituita anche una tregua olimpica.

A questo proposito, Erodoto, nelle sue Storie, racconta che il re persiano Serse, dopo la vittoriosa battaglia delle Termopili, si stupì del fatto che i greci preferissero gareggiare ai Giochi Olimpici per una corona d’ulivo anziché combattere (“Ahimé, Mardonio, contro quali uomini ci hai portato a combattere! Uomini che si battono non per denaro, ma per dimostrare il proprio valore!“), sottolineando, da un lato, il valore morale di quella corona e dall’altro l’importanza delle Olimpiadi e della tregua olimpica.

Oltre che con l’ulivo, simbolo di riconciliazione e pace, i vincitori delle competizioni olimpiche venivano omaggiati con rami di palma da dattero (simbolo della vittoria), e con ghirlande aromatiche di mirto e alloro (che indicavano la fama dei vittoriosi), ed anche con una mela (simbolo di bellezza e sapienza).

I Romani continuarono la tradizione di premiare gli atleti con corone vegetali e rami di palma, come testimoniato dal delizioso mosaico delle “Ragazze in bikini” a Piazza Armerina (IV sec. d.C.), in cui un’atleta vincitrice di una gara sportiva viene premiata da un’altra fanciulla con la palma della vittoria ed una corona floreale.

Pierre de Coubertin, John Sibthorp, Ferdinand Bauer e il Giardino Botanico Olimpico

Più che a Pierre de Coubertin, il fondatore delle moderne Olimpiadi, il merito di aver riannodato le fila con quell’antica tradizione si deve a John Sibthorp, professore di Botanica all’Università di Oxford, che nella seconda metà del Settecento esplorò la Grecia raccogliendo piante e fiori, e documentandole in dettagliate tavole a colori, grazie alla collaborazione con l’illustratore austriaco Ferdinand Bauer. Un lavoro titanico nel quale vennero identificate le piante simboliche dei Giochi Olimpici antichi e grazie anche al quale è oggi possibile visitare il Giardino Botanico Olimpico, nelle adiacenze del sito archeologico dell’antica Olimpia: un museo a cielo aperto, dove crescono 58 differenti specie di piante rappresentative della flora dell’antica città sacra, sulla base di descrizioni antiche e testimonianze successive.

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