Quale futuro per la biodiversità globale? Recentemente, la pubblicazione del report Living Planet Index 2022 del WWF ha riacceso i riflettori sullo stato di salute della biodiversità globale. Quali sono i risultati emersi e i pericoli maggiori per le specie viventi? Scopriamolo in questo articolo. Living Planet Index, una fotografia della biodiversità Il Living Planet Index è un indice elaborato dal WWF che misura l’abbondanza relativa delle specie di vertebrati in tutto il pianeta. Viene pubblicato ogni due anni e fornisce un quadro dello stato di salute dell’ecosistema globale. Il rapporto 2022 rappresenta il più grande archivio di dati mai ottenuto dal Living Planet Index. I dati che emergono sono piuttosto allarmanti: analizzando le variazioni nella popolazione di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 a oggi è stato osservato un calo del 69% dell’abbondanza relativa delle specie prese in considerazione. L’America Latina mostra il maggior calo su scala regionale nell’abbondanza delle popolazioni (94%), mentre popolazioni di specie di acque dolci hanno visto il maggior declino a livello globale (83%). Per essere compreso a pieno, tuttavia, il report merita di essere contestualizzato. Il Living Planet Index non considera il numero totale di animali, ovvero l’abbondanza assoluta, ma la variazione in termini di abbondanza; non indica perciò il numero complessivo di specie scomparse e di estinzioni. Inoltre, il report si basa su un’analisi realizzata dalla Zoological society of London che non prende in considerazione le popolazioni di invertebrati, le quali rappresentano il 97% delle specie sul pianeta. Le cause della perdita della biodiversità globale Il declino della fauna selvatica è legato a un gran numero di cause concatenate tra loro. I cambiamenti nell’uso del suolo costituiscono la più grande minaccia per la natura poiché provocano la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali di molte specie vegetali e animali. Altre cause sono lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, le specie aliene invasive, l’inquinamento e le minacce derivanti dall’agricoltura, dalla caccia, dal bracconaggio e dalla deforestazione. Negli ultimi anni i riflettori si stanno spostando sul cambiamento climatico: se non saremo in grado di limitare l’aumento delle temperature, assisteremo con tutta probabilità a estinzioni di massa. Solo per fare un esempio, un aumento delle temperature medie di 1,5°C comporterebbe una perdita del 70-90% dei coralli che vivono in acque calde, mentre un riscaldamento di 2°C porterà a una perdita di oltre il 99%. Un documento essenziale per comprendere gli effetti del cambiamento climatico sulle specie selvatiche e sugli ecosistemi è il Sesto rapporto pubblicato nel 2022 dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). Il documento, frutto del lavoro di 270 scienziati di 67 paesi, evidenzia la necessità immediata di intraprendere azioni per limitare il cambiamento climatico: “Analisi recenti, attingendo a una gamma di evidenze, suggeriscono che il mantenimento della resilienza della biodiversità e dei servizi ecosistemici su scala globale dipende da una conservazione effettiva ed equa di circa il 30-50% delle aree terrestri, d’acqua dolce e oceaniche della Terra, compresi gli attuali ecosistemi seminaturali.” (Climate Change 2022: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Summary for Policymaker, IPCC, 2022) Lo stato della biodiversità vegetale E per quanto riguarda la biodiversità vegetale? Uno dei rapporti più completi e recenti è lo State of the World’s Plants and Fungi 2020 pubblicato dall’ente dei Royal Botanic Gardens di Kew (il prossimo aggiornamento è atteso per il 2023). Secondo il report, 2 specie vegetali su 5 sono a rischio di estinzione; d’altra parte, solo nel 2019 le scoperte botaniche hanno registrato 1.942 nuove specie di piante e 1.886 nuove specie di funghi. “Non possiamo valutare se una specie è a rischio di estinzione, se non sappiamo che esiste”, affermano gli scienziati. Per questo motivo, localizzare, descrivere e classificare le nuove specie è un compito cruciale. L’uomo sfrutta per le proprie necessità un numero molto limitato di specie botaniche: basti pensare che le piante considerate commestibili sono 7.039 e solo 417 di queste sono coltivate per uso alimentare. Lo stesso vale per l’uso a fini medici o per la produzione di nuovi carburanti: il potenziale è ancora vasto e perlopiù inesplorato. Il report si sofferma anche sull’utilizzo di piante a fini medici e sulla necessità di trovare approcci più sostenibili per ottenere composti naturali destinati alla produzione di farmaci. Delle 25.791 specie di piante di cui è stato documentato l’uso medicinale, 5.411 sono state inserite nella IUCN Red List of Threatened Species, il più ampio database di informazioni sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali del globo. Di queste 5.411 specie, ben 723 (il 13%) sono classificate come minacciate. L’impegno di EPO per la biodiversità La tutela della biodiversità è uno dei pilastri del nostro codice etico. Crediamo che sia necessario ristabilire un doveroso equilibrio tra l’uomo e le altre specie viventi, legate tra loro da fili sottilissimi. Da anni sosteniamo diversi progetti finalizzati alla salvaguardia della biodiversità in ambito agronomico. Collaboriamo con Università, enti di ricerca e piccole realtà rurali per la tutela di specie vegetali e animali protette. Informare e agire sono per EPO due facce della stessa medaglia. Attraverso la ricerca e la comunicazione puntiamo ad alimentare il dibattito sulle tematiche della sostenibilità, mentre con i nostri progetti scendiamo in campo concretamente. Perché la sostenibilità non resti fotografata soltanto in una manciata di dati, ma si trasformi in azioni immediate e tangibili.
Supportare le difese dell’organismo in modo naturale: è possibile? Con l’arrivo della stagione fredda aumentano le preoccupazioni per la salute. Trascorrere molto tempo al chiuso ci rende più esposti a virus e batteri, che causano infezioni delle vie respiratorie, dall’influenza stagionale all’ormai affermato COVID-19. Per difenderci dalle malattie è fondamentale avere un sistema immunitario efficiente, nonché uno stile di vita sano ed un’alimentazione bilanciata per affiancare la nostra risposta immunitaria. Che cos’è e come funziona il sistema immunitario Il sistema immunitario è lo strumento di difesa del nostro organismo contro gli agenti esterni responsabili delle malattie. Si tratta di una complessa rete di sorveglianza formata da diversi organi e cellule altamente specializzate, dislocate in varie parti del corpo e messe in comunicazione dal sistema linfatico. Ciascun anello di questa catena ha una funzione precisa per mantenere l’organismo in salute. Un sistema immunitario ben funzionante è sempre all’erta: monitora i segnali di pericolo, riconosce gli agenti esterni grazie alla sua “memoria” ed è in grado di affrontarli quando li incontra di nuovo. È anche capace di distinguere le molecole dannose da quelle non dannose, per esempio quelle introdotte con il cibo. Per funzionare bene, il sistema immunitario richiede equilibrio e armonia, ma è possibile “supportare” il sistema immunitario? Si tratta di un’idea dibattuta: sebbene ci sia certamente una relazione tra risposta immunitaria, dieta, esercizio fisico, età e stress psicologico, i rapporti di causa-effetto non sono interamente evidenti. Stile di vita sano: la prima linea di difesa Su una cosa l’opinione è unanime: uno stile di vita sano è il miglior alleato per mantenere naturalmente in salute il nostro organismo. La nostra routine dovrebbe essere costruita intorno ad alcune semplici regole: seguire una dieta ricca di frutta e verdura; fare regolare esercizio fisico; dormire un numero adeguato di ore; cercare di ridurre i fattori di stress; non fumare e limitare il consumo di bevande alcoliche; adottare misure per prevenire le infezioni, per esempio lavarsi spesso le mani. Per quanto riguarda la dieta, un’alimentazione varia ed equilibrata è necessaria per il funzionamento di tutte le cellule, comprese quelle del sistema immunitario. Per quest’ultimo, si ritiene essenziale la presenza di alcuni micronutrienti, in particolare le vitamine D, A, C, E, folato, B6, B12, e quattro minerali (zinco, ferro, rame e selenio); anche glutammina e arginina svolgono un ruolo importante. Gli antiossidanti, molecole che aiutano a difendersi dallo stress ossidativo, contrastando l’azione dei radicali liberi, sono pure necessari; essi sono presenti in alimenti come frutta e verdura, ne abbiamo parlato in questo articolo. Molte piante sono inoltre ricche di polifenoli, altre molecole che esercitano questa funzione. E’ inoltre nota da tempo una relazione tra sistema immunitario e microbiota intestinale, pertanto anche la salute del nostro intestino merita un occhio di riguardo. Fare regolare esercizio fisico è un altro dei pilastri di una vita sana: migliora la salute cardiovascolare, abbassa la pressione sanguigna, aiuta a controllare il peso corporeo e protegge da diverse malattie. Contribuendo alla buona salute generale, l’esercizio fisico apporta benefici anche al sistema immunitario, ma esiste anche un legame diretto: i globuli bianchi, cioè la principale linea di difesa del nostro organismo, aumentano durante l’esercizio fisico. È stato osservato che, con l’avanzare dell’età, la nostra capacità di risposta immunitaria si riduce, portando a un maggior rischio di infezioni. Le persone più anziane hanno maggiori probabilità di contrarre malattie infettive e riportano le conseguenze più gravi; la pandemia di COVID-19 ne è stata una drammatica dimostrazione. Estratti vegetali per le naturali difese dell’organismo Numerosi studi hanno confermato che alcune piante potrebbero supportare le difese immunitarie. Un esempio è il nostro estratto di echinacea, EKINact®, prodotto interamente da filiera italiana controllata. La coltivazione avviene nelle incontaminate valli alpine del Trentino, che rendono l’estratto ancora più ricco di polifenoli, tannini e flavonoidi. Test di laboratorio hanno dimostrato che EKINact® ha proprietà immunomodulanti e radical scavenger, ovvero di contrasto dei radicali liberi. Inoltre, alcune piante tradizionalmente utilizzate come adattogene possono avere effetti benefici sul sistema immunitario: è il caso dell’eleuterococco, un arbusto diffuso in Siberia, Cina, Giappone e Corea, o del ginseng, la cui preziosa radice proviene anch’essa dall’estremo Oriente, o della schisandra, una bacca cinese chiamata Wu-Wei-Zi, in quanto il suo sapore ricorda le cinque forze naturali. Riassumendo, il buon funzionamento del sistema immunitario è garanzia della nostra salute, non solo all’arrivo della stagione fredda, ma durante tutto il corso della nostra vita. Uno stile di vita sano ci aiuta a limitare i fattori negativi e a incrementare le nostre difese, per vivere meglio e più sereni.
Cambio di stagione: come affrontarlo con rimedi naturali Con l’arrivo della stagione fredda il nostro benessere psico-fisico può essere messo a dura prova. La diminuzione delle ore di luce e delle temperature può portare a un senso di depressione e di malessere generale, che in molte persone è descritto come disturbo affettivo stagionale (SAD). Scopriamo insieme di che cosa si tratta e quali rimedi naturali sono i più adatti a contrastare il cambio di stagione. Disturbo affettivo stagionale: cause, sintomi e diffusione Le variazioni climatiche e ambientali legate al cambio di stagione possono influenzare negativamente l’organismo, con disagi sia di natura fisica che psichica. Tra i primi a studiare questo tipo di disturbo è stato lo psichiatra Norman E. Rosenthal, che nel 1984 coniò il nome di Seasonal Affective Disorder. Le cause di questo stato depressivo non sono del tutto chiare. Secondo i ricercatori, l’origine del disturbo potrebbe essere rintracciata nella diversa produzione di ormoni da parte dell’organismo a seconda della quantità di luce presente. Le persone affette da SAD possono manifestare una ridotta produzione di serotonina, neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell’umore. Dal momento che la luce solare aiuta a regolare i livelli di serotonina, questo spiegherebbe il legame tra malessere e cambio di stagione. Altri risultati suggeriscono invece che le persone affette da SAD producono troppa melatonina, un ormone fondamentale per il corretto ciclo sonno-veglia. Quali che siano le cause, nel quadro del disturbo affettivo stagionale troviamo alcuni sintomi ricorrenti: ansia e variazioni del tono dell’umore; letargia (o, viceversa, insonnia); alterazioni dell’appetito e aumento di peso; rigidità muscolare e cefalea; difficoltà di concentrazione; disturbi intestinali, in particolare gastrite, bruciore di stomaco e sindrome del colon irritabile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi iniziano alla fine dell’autunno e scompaiono durante la primavera e l’estate. Questo fenomeno è noto come SAD invernale o depressione invernale. Alcune persone, tuttavia, possono avere episodi depressivi durante i mesi primaverili ed estivi, anche se questo è meno comune. A risentire dei disturbi legati al cambio di stagione sono soprattutto le donne. Interessante anche la distribuzione geografica: sono più colpite le persone che vivono nelle aree settentrionali del pianeta, come Canada, Islanda e Paesi Scandinavi, dove la quantità di luce solare è molto limitata in inverno. Come ritrovare il benessere durante il cambio di stagione Per contrastare i sintomi legati al cambio di stagione è necessario prendersi cura del corpo e della mente, adeguando abitudini e ritmi alle nuove condizioni. Occorre innanzitutto seguire una dieta corretta, ricca di frutta e verdura di stagione, praticare costante attività fisica e trascorrere il più possibile tempo all’aria aperta, per sfruttare le ore di luce. Laddove i disturbi si manifestino con caratteristiche tali da richiedere l’aiuto di un professionista, la psicoterapia e l’assunzione di farmaci specifici per il quadro sintomatologico possono essere raccomandati. Estratti naturali per il cambio di stagione Anche la natura ci offre diversi rimedi per il cambio di stagione. Ecco alcuni estratti particolarmente indicati per affrontare il calo di energie e di motivazione, le variazioni d’umore e i primi malesseri stagionali: adattogeni come Ginseng e Maca, con proprietà toniche per contrastare la stanchezza fisica e mentale; EkinACT®, l’estratto di Echinacea di montagna registrato da EPO che favorisce le naturali difese dell’organismo; Schisandra, una pianta tradizionalmente usata nella medicina cinese con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che può contribuire a migliorare le performance fisiche e mentali; Lavanda, ricca di polifenoli, tradizionalmente impiegata per favorire il naturale rilassamento, il sonno in caso di stress, ed anche per migliorare il tono dell’umore; BlueCALM®, il nostro estratto secco di Scutellaria lateriflora L. con attività anti-ansia e contro l’insonnia; studi in vitro hanno dimostrato che inibisce il rilascio di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”; Visita l’area download per scaricare il nostro catalogo e i materiali informativi su questi e altri estratti naturali. Riassumendo, i disturbi legati al cambio di stagione sono molto diffusi e si manifestano con intensità variabile da individuo a individuo. È importante saper ascoltare il proprio corpo e prendersi cura della propria salute nei momenti in cui ce n’è più bisogno. Il cambio di stagione può essere l’occasione per ripensare i ritmi quotidiani, rallentare il passo e mettere al primo posto il proprio benessere.
Alcaloidi pirrolizidinici: i rischi per la salute Sostanze naturali e salute non sempre vanno di pari passo. È il caso degli alcaloidi pirrolizidinici (PA), un gruppo di alcaloidi derivanti dalla pirrolizidina che comprende composti molto tossici per l’uomo. Scopriamo di che cosa si tratta. Che cosa sono e dove si trovano gli alcaloidi pirrolizidinici Gli alcaloidi pirrolizidinici sono prodotti dalle piante per difendersi da parassiti ed erbivori e sono stati identificati in circa 6.000 specie vegetali. Si trovano principalmente in alcune famiglie delle Boraginaceae, Asteraceae, Orchidaceae e Leguminosae, ma anche nelle Convolvulaceae e Poaceae e in almeno una specie delle Lamiaceae. Si stima che nel mondo il 3% delle piante da fiore contengano tali sostanze. I PA noti come PA 1,2-insaturi sono dei potenziali cancerogeni genotossici, ovvero possono causare danni al DNA nel lungo termine. Sono sospettati inoltre di avere un’elevata epatotossicità acuta e cronica. La pericolosità degli alcaloidi pirrolizidinici non è una scoperta recente: casi di tossicità epatica dovuti all’ingestione di piante come senecio, eliotropio e crotalaria sono documentati fin dagli anni ‘20. Al di là dei casi isolati, il pericolo si fa più esteso a causa del fenomeno della contaminazione. Molte piante PA produttrici sono infatti infestanti: crescono e fioriscono insieme alle piante coltivate e sono difficili da identificare e separare a raccolto avvenuto. I rischi maggiori sono quelli per i consumatori abituali di tè, infusioni di erbe e miele, ma anche il mangime per animali può esserne contaminato. Gli alcaloidi pirrolizidinici possono giungere in questi alimenti attraverso le erbe selvatiche oppure, nel caso del miele, attraverso i pollini. La valutazione EFSA sui rischi degli alcaloidi pirrolizidinici Se è vero che l’uomo è da sempre esposto a tali sostanze attraverso la dieta, negli ultimi anni i PA sono stati tenuti sotto osservazione dagli esperti dell’EFSA. Nel 2011 una prima consulenza aveva valutato l’impatto sulla salute degli alcaloidi pirrolizidinici presenti in alimenti e mangimi. Era stata evidenziata una preoccupazione sanitaria per forti consumatori di miele, il solo alimento per il quale fossero allora disponibili dati sui livelli di PA. Le valutazioni sono proseguite nel corso degli anni, portando nel 2017 a un aggiornamento che tiene conto della presenza di tali tossine anche in tè, infusioni di erbe e integratori alimentari. L’esposizione ai PA presenti in questi alimenti rappresenta un potenziale problema per la salute umana, in particolare per assidui consumatori di tè e infusioni di erbe, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. I ricercatori hanno stabilito un nuovo punto di riferimento di 237 μg/kg di peso corporeo al giorno per valutare i rischi cancerogeni posti dagli alcaloidi pirrolizidinici. Rispetto al 2011, sono stati individuati 17 nuovi alcaloidi pirrolizidinici in alimenti e mangimi che devono continuare a essere monitorati, mentre proseguono gli studi sulla tossicità e sulla cancerogenicità di quelli più comunemente presenti. Come prevenire la contaminazione da alcaloidi pirrolizidinici La presenza di alcaloidi pirrolizidinici nei prodotti alimentari può essere ridotta al minimo o prevenuta applicando buone pratiche agricole e di raccolta. La raccolta manuale, per esempio, è una pratica molto utile per individuare ed eliminare le piante infestanti PA produttrici nelle coltivazioni, ma difficilmente può essere applicata su larga scala. A scopo preventivo, l’EFSA ha fissato un tenore massimo nei prodotti alimentari che contengono livelli significativi di alcaloidi pirrolizidinici. Per un prospetto completo, è possibile consultare l’allegato al regolamento (UE) 2020/2040 della Commissione dell’11 dicembre 2020. È stato anche fissato un periodo transitorio per i prodotti immessi in commercio prima del 1 luglio 2022, che potranno rimanere sul mercato fino al 31 dicembre 2023. Alcaloidi pirrolizidinici: le misure di EPO In quanto azienda produttrice di estratti botanici, EPO si è mossa fin dal 2016 per verificare i rischi legati alle nostre materie prime, valutando per ciascun prodotto la parte di pianta utilizzata, il metodo di raccolta e la provenienza geografica. In questo modo, abbiamo potuto identificare il livello di rischio e definire misure e azioni di monitoraggio specifiche. Abbiamo condiviso queste informazioni con i nostri fornitori, coi quali collaboriamo attivamente, e con i clienti; aggiorniamo regolarmente le schede tecniche dei nostri prodotti alla luce di nuovi sviluppi del quadro normativo. Il nostro team di Quality Assurance & Regulatory Affairs è a disposizione per qualsiasi chiarimento. Crediamo che la ricerca e gli sforzi per una filiera più controllata e responsabile siano fondamentali per tutelare la salute di tutti, nel campo degli alcaloidi pirrolizidinici e non solo.
Antiossidanti naturali e i loro benefici Le vacanze, il mare, il sole… Dietro la miriade di sensazioni piacevoli che queste immagini evocano si nascondono potenziali minacce, in particolare per la pelle. È noto che l’esposizione ai raggi UV del sole aumenta la produzione di radicali liberi, molecole instabili e molto reattive che, se non adeguatamente contrastate, danneggiano la pelle a livello cellulare. Le conseguenze possono essere la perdita del tono e dell’elasticità dei tessuti, oltre alla formazione di rughe precoci e di discromie (photoaging). Proteggere la pelle e non solo: il ruolo degli antiossidanti Proteggere la pelle durante l’esposizione al sole dovrebbe essere la regola. La scelta della protezione dipende da numerosi fattori, come l’intensità solare (che a sua volta è legata al tempo di esposizione, all’orario e alla zona geografica), il tipo di pelle e la frequenza di applicazione della protezione stessa. FDA raccomanda l’utilizzo di una protezione almeno 15 SPF, anche se per le pelli chiare è consigliata tra 30 e 50 SPF. Applicare la crema solare non basta: l’azione dei radicali liberi, infatti, non interessa solo la pelle, ma l’intero organismo. A neutralizzarli e prevenire naturalmente i loro danni ci pensano gli antiossidanti, sostanze capaci di contrastare e di rallentare la formazione dei radicali dell’ossigeno. Dal punto di vista chimico, gli antiossidanti sono una sorta di “trappole per radicali liberi”: essendo per definizione facilmente ossidabili, stimolano i radicali a interagire con loro prima che questi possano intaccare altre molecole del corpo. Gli antiossidanti in frutta e verdura: dove trovarli Assumere una buona dose di antiossidanti è uno dei metodi di prevenzione più efficaci contro l’eccesso di radicali liberi. Le sostanze antiossidanti sono introdotte nel corpo attraverso il cibo, da cui l’importanza di una dieta sana ed equilibrata. Non tutti gli alimenti contengono la stessa quantità di antiossidanti: la concentrazione maggiore si trova in frutta e verdura. Carotenoidi (nell’organismo, il carotene viene trasformato in vitamina A): frutta e verdura di colore giallo/arancio e verdure a foglia verde Vitamina C: agrumi, ribes, kiwi, peperoni, pomodori, spinaci, cavoli e asparagi Tocoferoli (vitamina E): semi di arachidi e di girasole, mais e soia, frutta secca Manganese: tè, zenzero, zafferano, chiodi di garofano, cardamomo, cannella, germe di grano, pepe, piante ed erbe aromatiche Licopene: pomodori Secondo la scala ORAC, che misura la capacità inibente sui radicali liberi, tra gli alimenti più ricchi di antiossidanti troviamo succo di uva, mirtilli, cavolo verde, spinaci, barbabietola, more, prugne, succo d’arancia, fragole e pompelmo. Occorre fare attenzione però alla cottura e alla conservazione dei cibi. Alimenti conservati per lungo tempo o cotti a lungo tendono infatti a disperdere le loro quantità di vitamina C e di licopene rispetto ai prodotti freschi. Estratti botanici con proprietà antiossidanti Abbiamo visto quindi che una dieta varia ed equilibrata è naturalmente ricca di antiossidanti. Tuttavia, nel caso di carenze nutrizionali o patologie dismetaboliche o gastrointestinali, si può ricorrere a integratori a base di piante con proprietà antiossidanti. Segnaliamo in particolare i seguenti estratti: Mirtillo nero. Oltre che come antiossidante, è utile per le funzionalità del microcircolo, per il benessere della vista e la regolarità del transito intestinale. Melissa. Tra le sue altre proprietà, favorisce la funzione digestiva, la regolare motilità gastrointestinale, il rilassamento e il benessere mentale. THYMOX. Il nostro estratto di timo volgare ha attività antiossidante, ma favorisce anche la fluidità delle secrezioni bronchiali, la funzione digestiva, la regolare motilità gastrointestinale e il benessere di naso e gola. Rosa canina. Nota per la sua azione di sostegno e ricostituente, oltre che per agevolare la regolarità del transito intestinale e, per uso esterno, come astringente, condizionante cutaneo e tonico. Scopri tutti gli estratti certificati EPO nella sezione dedicata. Un’adeguata protezione della pelle, una dieta ricca di frutta e verdura e, quando necessario, l’assunzione di integratori efficaci assicurano una protezione ideale contro l’azione dei radicali liberi. Per godersi le vacanze, il mare e il sole senza timori.
Buone vacanze da EPO Le vacanze estive si avvicinano: è il momento di prendersi una pausa e collezionare bellissimi ricordi. I nostri uffici rimarranno chiusi dall’8 al 19 agosto. Per informazioni generiche, si prega di contattare epo@eposrl.com.
5 percorsi per avviare una transizione sostenibile Quando parliamo di transizione sostenibile, ci riferiamo alla necessità di una trasformazione radicale della società verso obiettivi di equità e di armonia con il Pianeta. I cambiamenti climatici, la diseguaglianza sociale e il rischio del diffondersi di nuove pandemie sono solo alcune delle crisi globali che ci aspettano. Anziché restare a osservare, gli individui ma soprattutto le imprese sono chiamati a fare la propria parte. Negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di aziende sta avviando percorsi di transizione sostenibile. La crescente sensibilità dei consumatori su temi ambientali ed etici genera una più alta richiesta di prodotti e servizi green, oltre che una maggiore attenzione alle pratiche messe in campo dalle stesse aziende. Alle imprese si richiede di ripensare il loro ruolo rispetto a pressioni ambientali, sociali ed economiche, di definire obiettivi chiari e di perseguirli con miglioramenti graduali e consistenti, anche alla luce dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La transizione sostenibile non è altro che un viaggio verso una crescita più responsabile, in cui i percorsi possono essere molteplici. In questo articolo esploriamo cinque possibili strade che, intersecate tra loro, possono fare la differenza. 1. Approvvigionamento responsabile L’approvvigionamento delle materie prime e dei prodotti offerti è una delle prime tappe per avviare un percorso di transizione sostenibile. Nella scelta dei fornitori va considerato tanto l’impatto ambientale quanto quello sociale: da dove provengono le materie prime? Quali sono le condizioni di lavoro della manodopera? Non importa quanto il prodotto finale sia buono: se la catena di approvvigionamento ha dei lati oscuri, la reputazione aziendale ne risentirà. Per EPO, il sostegno alle filiere delle piante officinali e alle imprese locali è un punto cardine della transizione sostenibile. Da sempre promuoviamo lo sviluppo sociale e culturale delle comunità in cui operiamo, attraverso programmi di sviluppo agronomico, lotta biologica e tutela degli insetti impollinatori. 2. Investimenti in innovazione e ricerca Investire in tecnologia e ricerca è un’altra strategia per rendere la propria attività più sostenibile ed efficiente. Un simile investimento permette di accrescere il valore dei prodotti e dei servizi offerti in termini di qualità, sicurezza ed efficacia. Non c’è un’unica strada per tutti: a seconda del campo in cui opera, ogni azienda può scegliere le soluzioni che offrono maggiori vantaggi sul lungo periodo. Anche EPO è fortemente orientata verso l’innovazione. Ogni anno investiamo importanti risorse in progetti R&S, brevetti, studi preclinici e clinici, pubblicazioni scientifiche, impiantistica e digitalizzazione. 3. Formazione e coinvolgimento del personale La sostenibilità non è un viaggio da fare in solitaria. Per le aziende è fondamentale coinvolgere nel processo i propri dipendenti attraverso la formazione e la motivazione. Adottare un codice etico con principi chiari e condivisi è un ottimo punto di partenza. Il rispetto delle pratiche da parte del team dovrà essere monitorato in modo costante, a partire dalle piccole azioni quotidiane. Sarebbe assurdo predicare la riduzione della carbon footprint se non si riesce neanche a fare correttamente la raccolta differenziata! Il coinvolgimento dei dipendenti, tuttavia, non deve essere a senso unico. Nuove idee e stimoli possono arrivare da qualsiasi direzione. L’ascolto e la messa in pratica dei feedback ricevuti renderanno il team ancora più partecipe e coeso. Dal 1 giugno è entrato in vigore il nostro nuovo Codice etico. Clicca qui per saperne di più. 4. Proteggere la biodiversità e ridurre l’impronta ambientale L’uomo e le altre specie viventi sono legate da fili sottilissimi ma tenaci, che rischiano continuamente di essere spezzati. Proteggere la biodiversità è essenziale per la sopravvivenza e la salute di tutti. Come farlo? Riducendo gli sprechi, il consumo di acqua e l’utilizzo di plastica negli imballaggi, scegliendo elettricità da fonti rinnovabili, sostenendo progetti a favore della biodiversità… Le possibilità sono molteplici e cambiano da business a business. Da anni in EPO ci impegniamo a diminuire la quantità di scarti e sottoprodotti vegetali, studiando insieme a enti di ricerca e Università possibili impieghi alternativi, per dare una “seconda vita” a tutto ciò che può essere riutilizzato. In ambito agronomico sosteniamo progetti per la tutela di specie vegetali e animali protette, collaborando con Università e realtà del territorio. 5. Promozione della cultura La sostenibilità passa anche dalla consapevolezza culturale. Sapere da dove veniamo e di quale eredità siamo custodi ci fa sentire più responsabili verso il futuro. Alimentare il sapere, la curiosità e l’entusiasmo delle giovani generazioni è la chiave per un mondo più sostenibile. Per noi di EPO scienza, cultura e arte sono inseparabili. Per questo supportiamo associazioni impegnate nella valorizzazione delle esperienze artistiche e nella tutela del paesaggio, come il Fondo Ambiente Italiano. In collaborazione con enti di ricerca e Università, sosteniamo progetti che mettono le piante officinali in relazione al mondo della cultura e dell’arte, e svolgiamo una continua opera di sensibilizzazione attraverso i nostri canali social. Il nostro percorso non nasce dall’oggi al domani, ma è il risultato di una progettazione e di un impegno nel tempo, che hanno portato a una nuova consapevolezza e a un nuovo modo di fare impresa. Per dirlo con le parole del nostro CEO Mirella Rigamonti Rodi: “Si tratta di un cambiamento culturale importante, ma imprescindibile, che richiede il coinvolgimento di tutti gli stakeholders e l’adozione di un modello circolare delle informazioni e delle conoscenze”.
Botanicals per i disturbi digestivi e l’infezione da Helicobacter pylori Da sempre l’uomo ricorre a rimedi botanici per alleviare i sintomi di comuni problemi di salute e ritrovare il benessere psicofisico. Non fanno eccezione i disturbi legati al discomfort (fastidio) gastrico: iperacidità, bruciori allo stomaco, nausea e vomito, che interessano il 70% della popolazione adulta. Disturbi digestivi: una panoramica Stress, alimentazione scorretta, consumo di alcool, assunzione di farmaci, età e uno stile di vita frenetico sono tra le principali cause dei disturbi digestivi, che, se non trattati adeguatamente, possono evolvere in gastriti croniche o patologie ben più gravi, come ulcera peptica e carcinoma gastrico. Indipendentemente da cause e sintomi, la gastrite consiste in un’infiammazione della parete interna dello stomaco, causata da un indebolimento delle sue barriere difensive, cioè da uno squilibrio tra fattori aggressivi e fattori protettivi. Quando i primi (succhi gastrici ed enzimi digestivi) prevalgono sui secondi, la parete gastrica subisce una lesione progressiva, che può portare prima a sintomi medio-lievi e successivamente a ulcere nello stomaco e nel duodeno. Oltre alle cause sopra menzionate, uno dei maggiori responsabili della gastrite è l’Helicobacter pylori, un batterio gram-negativo molto diffuso. Secondo i dati della letteratura, l’infezione da Helicobacter pylori colpisce circa il 50% della popolazione mondiale, causando, in base a fonti ISS (Istituto Superiore di Sanità), circa il 90% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche. La sua azione si concentra infatti sulla mucosa gastrica, di cui distrugge progressivamente i rivestimenti protettivi, esponendola all’azione corrosiva del succo gastrico. Il batterio causa inoltre lesioni alla struttura delle ghiandole, che possono evolvere verso trasformazioni neoplastiche. In molti casi l’infezione è asintomatica, mentre, in altri, i sintomi più comuni comprendono bruciore di stomaco e dolore epigastrico (nella parte alta dell’addome), soprattutto a digiuno. Il trattamento di prima linea per l’eradicazione di Helicobacter pylori prevede l’uso di antibiotici, in associazione a un inibitore di pompa protonica per ridurre la produzione di acido gastrico, ma questa terapia può rivelarsi inefficace, a causa dell’elevata resistenza batterica agli antibiotici e degli effetti collaterali causati da questi ultimi. Per questo, negli ultimi anni, la ricerca si è indirizzata verso alternative terapeutiche come la fitoterapia. Gastalagin®, il nuovo blend di estratti per il discomfort gastrico Tra le piante comunemente usate per favorire la digestione troviamo melissa, menta, cannella, cumino, salvia e timo volgare; quest’ultimo (Thymox®), si è rivelato in grado di rilasciare il muscolo liscio dello stomaco prossimale in un modello murino, suggerendo un possibile impiego anche nella dispepsia funzionale, cioè in quei disturbi gastrici in cui non viene riscontrata alcuna patologia organica. A questi botanicals di uso tradizionale si aggiunge ora Gastalagin®, il nuovo estratto brevettato EPO standardizzato in castalagina e vescalagina. Gastalagin® è un blend di Castanea sativa Mill. e Cistus x incanus L. con attività antinfiammatoria sulla mucosa gastrica e un’azione antibatterica specifica su Helicobacter pylori. Studi in vitro hanno dimostrato che Gastalagin® inibisce il rilascio di IL-8, una potente chemochina coinvolta nei processi infiammatori, in cellule GES-1 (linea cellulare epiteliale gastrica umana normale) precedentemente infettate da Helicobacter pylori. L’effetto è mediato da NF-kB, un fattore di trascrizione nucleare che svolge un ruolo chiave nella regolazione della risposta all’infezione. Inoltre, il Cistus incanus ha dimostrato interessanti proprietà antiadesive. Per saperne di più, scarica la brochure dedicata. Le foglie di castagno usate provengono principalmente da una filiera italiana e sono raccolte dal Consorzio Castanicoltori di Brinzio, Orino e Castello Cabiaglio, nell’ambito di un importante programma di riqualificazione dei castagneti lombardi, di cui abbiamo parlato in questo articolo. Sempre di più in EPO lo sviluppo di nuovi prodotti si lega a un impegno costante per la valorizzazione di filiere locali etiche e sostenibili. Il nostro obiettivo è la creazione di un circolo virtuoso in cui salute, natura e territorio siano intrinsecamente legati.
Materie prime e supply chain: le conseguenze della guerra in Ucraina Il terribile corso degli eventi in Ucraina sta ancora una volta mettendo alla prova l’economia globale, con conseguenze devastanti sulle catene di approvvigionamento. Non bastano le immagini restituite dai telegiornali, scene di altre epoche, che speravamo di non vedere più. Gli effetti sulla vita delle persone e delle imprese in tutto il mondo sono già evidenti: inflazione in repentino aumento, possibili interruzioni nelle forniture, scarsità di alcune materie prime. Basti pensare alle conseguenze sulla filiera alimentare, in particolare per quanto riguarda i cereali. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Russia e l’Ucraina rappresentano più del 25% del commercio mondiale di grano e più del 60% di quello dell’olio di girasole, oltre che il 30% delle esportazioni di orzo. La Russia è anche un grande esportatore di fertilizzanti, dato che potrebbe avere un impatto sulle rese delle colture a livello globale. Nel corso degli ultimi anni, l’Ucraina ha aumentato costantemente le sue esportazioni, diventando un importante fornitore di materie prime, prodotti chimici e macchinari. In ognuno di questi casi, l’aumento dei prezzi e la discontinuità nell’approvvigionamento sono già una realtà. L’impatto del conflitto russo-ucraino sul mercato degli estratti botanici Non fa eccezione il mercato degli estratti botanici. In particolare, come riporta Nutraingredients Usa, almeno due ingredienti provenienti dalla Russia potrebbero essere difficili da reperire nei mesi a venire: la rodiola (Rhodiola Rosea) e l’eleuterococco (Eleutherococcus senticosus), anche conosciuto come Ginseng Siberiano. Il commercio di queste due specie botaniche avviene prevalentemente nelle regioni dell’Asia settentrionale al confine tra Russia e Cina. Dal momento che la Cina è tra i pochi paesi che non hanno ancora imposto sanzioni sulle importazioni dalla Russia e restrizioni sui pagamenti, questo tipo di scambi potrebbe verosimilmente non essere intaccato a breve termine. Anche la fornitura di maltodestrina, un supporto fondamentale negli estratti secchi, potrebbe essere messa a rischio. Questo polimero, infatti, deriva dal processo di idrolisi dell’amido di mais, per il quale l’Ucraina è il secondo fornitore in Italia dopo l’Ungheria. I prezzi sono in rapida crescita: solo nell’ultimo mese si è osservato un rimbalzo del 41%. Una notevole difficoltà per le aziende, che devono attivare in tempi record accordi con nuovi fornitori. Verso una supply chain più equa e locale Una cosa, comunque, è chiara: di fronte a scenari come la pandemia e la guerra russo-ucraina, le aziende devono adottare modalità organizzative più flessibili e resilienti, capaci di mitigare le conseguenze sulla produzione e la distribuzione di beni e merci. Occorre innanzitutto un ripensamento in ottica strategica della supply chain. Secondo gli analisti di Deloitte, almeno due azioni risultano sempre più cruciali: attivare fonti alternative di approvvigionamento. Per le aziende che hanno più fornitori, è importante muoversi rapidamente per attivare relazioni con fornitori secondari e assicurarsi ulteriori scorte. Allo stesso tempo, le aziende devono fare attenzione nella scelta di luoghi di approvvigionamento alternativi per le materie prime chiave. considerare supply chain più etiche e locali. Se la pandemia ha rappresentato un primo slancio per rimodellare le catene di fornitura globali con una struttura più locale, il conflitto in Ucraina e le sue conseguenze sulle materie prime accelereranno questa tendenza. Localizzare le catene di approvvigionamento può offrire ai governi e alle aziende un maggiore controllo e diminuire la dipendenza dall’estero. E se l’onshoring non è possibile, come nel caso di materie prime non disponibili sul territorio nazionale? In questo caso è possibile impiegare strategie di “friend-shoring”, ovvero la riorganizzazione delle catene di approvvigionamento critiche attraverso la sostituzione di rischiosi fornitori stranieri con alleati e partner vicini. La nostra azione per la continuità di business Nel contesto del conflitto russo-ucraino, anche EPO si sta muovendo per garantire ai propri clienti la continuità delle forniture. In particolare: acquistiamo droghe da diversi fornitori qualificati, anche per quanto riguarda piante tradizionalmente originarie dell’Ucraina, della Bielorussia o della Moldavia, come il tallo di lichene islandico, le foglie di uva ursina, la radice di valeriana e i fiori di arnica; la scelta di selezionare diverse fonti di approvvigionamento per la stessa materia prima nel corso degli anni ci permette oggi di garantire la continuità della produzione e di conseguenza la fornitura continua ai nostri clienti. Occorre comunque considerare che la crisi russo-ucraina può pregiudicare la disponibilità delle stesse materie prime anche in altri paesi. Pertanto, nonostante tutti gli sforzi, l’approvvigionamento di alcune materie prime potrebbe diventare critico. Desideriamo esprimere la nostra vicinanza ai fornitori, ai clienti e a tutto il popolo ucraino in questi tempi bui. Non smettiamo di coltivare il sogno di un mondo dove la pace tra uomo e uomo e quella tra uomo e natura siano la base per costruire relazioni di giustizia ed equità a tutti i livelli.
Ansia da pandemia: come gestirla in maniera naturale Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la segnalazione di stati di ansia e depressione a livello globale è aumentata del 25% nel primo anno della pandemia. Una situazione destinata a peggiorare, dato il prolungarsi dell’emergenza da Covid-19, e che rischia di aggravarsi ulteriormente a causa del conflitto russo-ucraino. Gli effetti della pandemia sulla salute mentale Negli ultimi due anni, la richiesta di integratori per ansia e disturbi del sonno ha avuto un vero e proprio boom. Per esempio, a partire da marzo 2020 la spesa dei consumatori americani per tali prodotti, insieme a quella per integratori alimentari a supporto del sistema immunitario, è cresciuta del 10-15% su base mensile. Una delle possibili spiegazioni è l’isolamento senza precedenti in cui si è trovata la popolazione mondiale a causa della pandemia. Milioni di persone hanno lasciato l’ufficio per adattarsi al lavoro da remoto, gli studenti hanno sperimentato per la prima volta la didattica a distanza, ognuno di noi ha avuto difficoltà a stare vicino a parenti e amici. Tra i più gravi fattori di ansia e depressione troviamo la solitudine, la paura del contagio, le preoccupazioni finanziarie, la malattia e finanche la morte di persone care. Le misure di prevenzione adottate dai governi – restrizioni sociali, lockdown, chiusura di scuole e attività, continua incertezza anche legislativa – hanno avuto un impatto considerevole in ogni sfera della vita privata e lavorativa. Le due categorie che ne hanno risentito di più sono donne e giovani. La pandemia ha, se possibile, esacerbato la disparità di genere. Su molte donne si sono abbattute le conseguenze di salari più bassi e minore stabilità lavorativa rispetto ai colleghi maschi. A livello domestico, inoltre, la chiusura delle scuole ha aumentato il carico di lavoro verso i figli, nella loro cura ed educazione. Senza considerare la violenza domestica: solo in Italia, sono oltre 15 mila le donne che nel 2020 si sono rivolte ai Centri antiviolenza; di queste, più del 90% vi ha fatto ricorso per la prima volta proprio nel 2020. Per quanto riguarda i più giovani, le tendenze suicide e autolesioniste sono cresciute in modo drammatico. Per esempio, stando ai dati dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, le consulenze neuropsichiatriche che hanno riguardato tentativi di suicidio nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni sono passate dal 36% ad aprile 2019 al 63% nel gennaio 2021. La chiusura delle scuole e di tanti luoghi di incontro ha privato bambini e ragazzi di essenziali strumenti di educazione, confronto tra pari e socialità, necessari per il loro benessere psico-fisico. I giovani lavoratori, inoltre, sono stati i più impattati dalle difficoltà economiche, portando a un’ulteriore crescita della disoccupazione giovanile e a situazioni di crescente precarietà. Rimedi naturali per il rilassamento e il sonno Pur non entrando nel merito dei disturbi d’ansia da un punto di vista medico, ognuno di noi ha attraversato nella propria vita stati ansiosi legati a difficoltà, cambiamenti e decisioni importanti. La pandemia ha rappresentato un’ ulteriore aggravante, esponendo milioni di persone in tutto il mondo a timore generalizzato, stress e insonnia. Laddove la situazione non raggiunga livelli patologici, che richiedono il supporto di uno specialista, ci sono tante attività a cui ricorrere per combattere ansia e difficoltà a dormire. Per esempio: tecniche di rilassamento come meditazione, respirazione lenta e rilassamento muscolare progressivo; regolare attività sportiva, che riduce ansia e stress attraverso il rilascio di endorfine; cura dei rapporti interpersonali e sociali. Da sempre l’uomo ha cercato anche nella natura un aiuto per il suo benessere psico-fisico. Sono molte le piante officinali con proprietà rilassanti che possono essere impiegate nei casi di insonnia, stress eccessivo e ansia. Ricordiamo ad esempio: passiflora, per favorire il rilassamento, il sonno in caso di stress e il benessere mentale; lavanda, sempre in caso di stress per favorire il rilassamento e il sonno e contribuire al normale tono dell’umore; melissa, con proprietà calmanti per il rilassamento, il benessere mentale e il normale tono dell’umore; escolzia, utile per favorire il rilassamento e il sonno in caso di stress. Un altro rimedio naturale meno noto è la Scutellaria lateriflora, un’erba perenne originaria del Nord America, tradizionalmente usata per favorire il rilassamento e il sonno. BlueCALM® è il nostro nuovo estratto secco di Scutellaria lateriflora L., testato su cellule di carcinoma surrenalico umano, un modello in vitro comunemente impiegato per investigare il meccanismo d’azione di molecole con attività anti-ansia. BlueCALM® si è dimostrato in grado di inibire in modo significativo il rilascio del cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”. Gli studi preclinici hanno dimostrato inoltre una forte attività antiossidante e antiglicante: BlueCALM® blocca la formazione degli AGE (Advanced Glycation end-product), sostanze nocive che sono coinvolte in molte malattie cronico-degenerative, tra cui l’Alzheimer. Scarica la brochure per saperne di più. Riassumendo, l’ansia può davvero essere considerata la “malattia dei tempi moderni”. Lungi dal sottovalutarla come un malessere passeggero, occorre analizzare i fattori scatenanti e intervenire quando necessario con terapie dedicate, rivolgendosi al consiglio di uno specialista. Gli effetti della pandemia e della guerra sul benessere psico-fisico globale continueranno a farsi sentire anche a distanza di tempo e dovremo essere equipaggiati per contrastarli.